Sono diversi i visitatori che ogni giorno scoprono il nostro museo e c’è una cosa che li accomuna, oltre alla meraviglia che i locali ipogei all’interno del MUST suscita in loro: tutti vogliono conoscere la storia dei locali ipogei che oggi ospitano il museo.
Siamo felici di narrarvi, in questo articolo, le vicende storiche dei nostri ipogei: esse, infatti, rappresentano una parte interessante della storia di Matera e delle personalità che animarono, nei secoli scorsi, la nostra città.
La storia del MUST dal Medioevo a oggi
Gli ipogei del MUST furono realizzati in epoca medievale all’interno di un vicinato a pozzo. Hanno sempre avuto una funzione produttiva, assecondando le dinamiche economiche delle diverse epoche e le volontà dei proprietari che si sono susseguiti nel corso dei secoli, adattando gli ipogei sempre a nuove destinazioni d’uso.
I quattro ipogei che oggi formano il MUST compaiono nelle fonti catastali nel 1732 (Catasto Ostiario) quali proprietà del Convento di San Domenico, il cui giardino difatti era a questi sovrapposto. All’epoca, la conceria e il frantoio erano stati già dismessi.
La cantina di sinistra era affittata a Leonardo Martemucci, e quella di sinistra a don Ottavio Venusio.
Nel 1809, durante il regime napoleonico, le proprietà del Convento di San Domenico furono espropriate e vendute all’asta. Le due cantine furono acquistate dalla famiglia dei Marchesi Venusio (che già ne avevano in fitto una): nel 1875, infatti, esse risultano entrambe proprietà del Marchese Ottavio Venusio e collegate con lo spazio della conceria, tanto che la cantina disponeva anche di un’entrata dal giardino.

MUST di Matera – Giardino Ipogeo
In un’epoca successiva, alla cantina di destra si aggiunse il sotterro di una adiacente cantina, e l’ingresso originario della conceria fu murato e interrato.
Nel 1940 la cantina di sinistra fu collegata, tramite un tunnel lungo 20 metri, a un’altra cantina, il cui accesso era ubicato in Via XX Settembre, con lo scopo di creare il più grande rifugio antiaereo della città, che svolse la sua funzione fino agli ultimi mesi del 1943.
A partire dal dopoguerra, gli ipogei persero le funzioni produttive. Nei decenni successivi, essi furono parzialmente utilizzati come magazzino di un locale pubblico.
Qualche anno fa, gli ipogei sono ritornati al loro vecchio splendore, grazie a un sapiente lavoro di ristrutturazione, e oggi ospitano il nostro museo sotterraneo, nel cuore del centro storico di Matera.

MUST Matera – Una delle sale del museo
Quattro ipogei, un unico grande museo
Quello che oggi appare come un unico complesso rupestre è, nei fatti, l’unione di quattro diversi ipogei, trasformati e ampliati nel tempo per ospitare ogni attività al suo interno.
Primo ipogeo – Da frantoio a cantina
Il primo, il cui accesso corrisponde alla porta d’ingresso principale del MUST, nasce come frantoio ipogeo, e viene successivamente trasformato in cantina.
Secondo ipogeo – Deposito di derrate e rifugio antiaereo
La seconda cavità, a cui si accede dalla porta di sinistra all’interno del primo ipogeo, pare essere stata realizzata prima con funzione di generico deposito di derrate, quindi come cantina e infine parte di un rifugio antiaereo.
Terzo ipogeo – L’antica conceria
Un altro ipogeo, al quale si aveva accesso dai giardini dei domenicani, era una conceria.
Quarto Ipogeo – Cantina
Un quarto ipogeo, al quale si accedeva da una contigua corte, aveva funzione di cantina, ed è stato solo parzialmente unito ai primi tre. Oggi, tramite antichi corridoi di passaggio o moderne aperture, risultano tutti comunicanti, e degli originari quattro accessi ne sono stati conservati gli attuali due.
La storia del MUST nella storia di Matera
Insomma, la visita al nostro museo rappresenta un’occasione unica per conoscere la storia dinamica e in costante evoluzione di Matera, così come dimostrano le vicende che hanno interessato i nostri locali ipogei nel corso dei secoli.
Vi aspettiamo per una visita all’interno del MUST, per un percorso multisensoriale dove vista, olfatto, udito, tatto e gusto trovano un’armoniosa sintesi.